Cos’è
Epicondilite: Cos’è?
L’epicondilite è un disturbo molto frequente ed insidioso che si manifesta con un dolore all’articolazione del gomito.
Nello specifico, l’area di interesse è l’area situata lateralmente al gomito, ovvero una piccola porzione di sporgenza ossea situata nella parte esterna e distale dell’omero: l’epicondilo laterale. Da qui, infatti, il termine più completo di epicondilite laterale.
Questa condizione dolorosa viene spesso anche chiamata comunemente gomito del tennista, in quanto il gesto che compie l’atleta durante il gioco, rappresenta la sollecitazione continua e il sovraccarico dei tendini dei muscoli epicondiloidei laterali, che come suggerisce il nome, hanno origine nella regione dell’epicondilo, e sono i muscoli deputati alla funzione di estensione di polso e dita, e di deviazione del polso.
Nonostante la definizione “gomito del tennista” possa far pensare che soffrano di epicondilite solo i tennisti, che anzi essendo molto allenati possono esserne meno affetti, questa condizione dolorosa è molto diffusa e colpisce circa l’1% – 3% della popolazione generale. Predilige soprattutto i soggetti che per ragioni professionali o per altro, compiano per lunghi periodi gesti ripetuti di flessione del braccio e rotazione del polso, e porta spesso a lungo andare ad una degenerazione tendinea associata a dolore e impotenza funzionale.
Cause
Epicondilite: le Cause
Come accennato precedentemente, l’epicondilite laterale si localizza nel punto dove hanno origine alcuni dei muscoli estensori dell’avambraccio (muscoli epicondiloidei), tra cui: l’estensore ulnare del carpo, l’estensore del mignolo, l’estensore comune delle dita e l’estensore radiale breve del carpo.
Sebbene possano essere coinvolti tutti i tendini del fascio estensore, si evince che l’estensore radiale breve del carpo sia il tendine più frequentemente coinvolto; un suo sovraccarico funzionale (over-use syndrome) può portare ad una condizione dolorosa, dove cicli ripetuti di stress biomeccanico generano microtraumi e microlacerazioni e quindi un successivo impedimento di una risposta di lavoro corretta del tendine.
Tutte le attività che richiedono un uso ripetuto e prolungato della muscolatura estensoria, diventano quindi per l’epicondilite dei fattori predisponenti, a cui si possono aggiungere tutte le condizioni di aumentato stress ossidativo e metabolico (es: fumo od obesità). Talvolta può derivare da un trauma diretto.
Diversi studi hanno inoltre portato a ritenere che il termine epicondilite, possa essere fuorviante in quanto possa suggerire di inserire la patologia in un quadro puramente infiammatorio, mentre la fisiopatologia di questo processo è di natura degenerativa.
E’ stato reso noto come i microtraumi persistenti provocati dal sovraccarico funzionale, dopo una prima risposta infiammatoria inefficiente, portino infatti il corpo a tentare di riparare il tessuto danneggiato mediante una sovraregolazione dell’angiogenesi locale (neovascolarizzazione, formazione di piccoli capillari) in combinazione con la proliferazione di fibroblasti (cellule di tessuto connettivo), fino ad arrivare ad un’alterazione strutturale ed avere fibrosi e calcificazione. Pertanto si preferisce definire questa patologia come tendinosi, e più genericamente come tendinopatia.
Sintomi
Epicondilite: Quali sono i Sintomi?
Spesso l’epicondilite si presenta con un’insorgenza molto lenta e graduale, tanto da farne sottovalutare la condizione al soggetto, fino a quando con il passare del tempo la condizione dolorosa tende ad aumentare progressivamente, rendendo molto dolorosi e difficoltosi anche i gesti più semplici.
I sintomi che possiamo riscontrare possono essere diversi in base all’andamento della tendinosi e quindi possono risultare da lievi ad estremamente invalidanti. I principali segnali presenti dunque saranno:
- Dolore specifico alla digitopressione dell’epicondilo;
- Dolore esteso all’avambraccio e mano, che aumenta con i movimenti che coinvolgono la muscolatura estensoria;
- Perdita di forza del braccio e della presa;
- Impotenza funzionale;
- Impedimento dell’estensione totale del braccio;
- Difficoltà nel sollevamento di un oggetto e nella manipolazione fine;
- Difficoltà a svolgere gesti semplici dell’attività quotidiana (ruotare una maniglia, stringere una mano, versare l’acqua…).
Diagnosi
Come riconoscere l’Epicondilite: la Diagnosi
La diagnosi di epicondilite laterale si basa essenzialmente su una valutazione anamnestica del paziente, con attenzione al tipo di attività lavorativa o sportiva svolta e attenzione alla presenza di eventuali tendinopatie pregresse, e su un esame clinico che mira a provocare dolore nel tendine interessato. Il dolore durante l’esame obiettivo è riprodotto nell’area dell’epicondilo laterale tramite ad esempio la palpazione dell’epicondilo, l’estensione resistita del polso, dell’indice o del dito medio e la presa di un oggetto.
Durante la valutazione, per confermare il quadro diagnostico, si può quindi ricorrere all’utilizzo di alcuni test clinici come:
- Test di Cozen: da una flessione di polso e di dita, si richiede un’estensione attiva di polso in contro resistenza;
- Test di Mills: con il gomito esteso e il polso flesso, si compie una pronazione massima passiva;
- Test di Maudesley:si richiede un’estensione contro resistenza del 3° dito;
- Test di Solveborn: detto comunemente anche “test della sedia”. Viene fatta sollevare una sedia con presa dall’alto. Il gomito sarà in estensione, l’ avambraccio in pronazione e il polso in flessione.
In seguito alle osservazioni precedenti, è poi necessario, in completamento, svolgere un esame obiettivo più completo per identificare o escludere patologie coesistenti o altri ragioni del dolore.
I movimenti del gomito, del polso e dell’avambraccio, così come i movimenti accessori delle articolazioni omero-ulnare, omero-radiale e radio-ulnare, devono essere esaminati per valutare eventuali restrizioni articolari o muscolo-tendinee.
Anche la valutazione della colonna cervicale e toracica e la funzione del nervo radiale, devono essere prese in considerazione, in particolare in caso di concomitante dolore al collo, dolore diffuso al braccio o in presenza di parestesia (sensibilità alterata). È utile quindi l’esecuzione di movimenti attivi, passivi o combinati del rachide cervicale ed l’utilizzo di test neurodinamici.
Nonostante la diagnosi di questa tendinopatia viene da credersi semplice, va perciò considerato comunque come fatto esempio precedentemente, che diverse patologie possano evidenziare una sintomatologia simile a quella dell’epicondilite e debbano richiedere dunque una diagnosi differenziale. Elencheremo di seguito le più diffuse:
- Artrosi locale;
- Fratture occulte;
- Patologie intra-articolari;
- Sindrome del tunnel radiale;
- Intrappolamento del nervo interosseo;
- Dolore o radicolopatia cervicale;
- Instabilità articolare.
In supplemento all’esame obiettivo, inoltre, lo specialista può valutare il ricorso ad indagini strumentali come l’ecografia, la radiografia o la risonanza magnetica, sia per confermare il sospetto clinico che per effettuare una diagnosi differenziale.
Terapia
Epicondilite: Cure e Rimedi
Una volta valutati tutti gli aspetti descritti, il medico e il fisioterapista possono progettare il percorso terapeutico più adatto e che possa portare al paziente il maggior beneficio nel minor tempo possibile. Si andrà quindi ad agire sui fattori scatenanti e ad intraprendere terapie che riducano la sintomatologia.
L’approccio riabilitativo sarà differente in base allo stadio in cui si troverà l’epicondilite:
- Stadio I: è lo stadio iniziale e reversibile, in cui la patologia ha un danno di tipo infiammatorio, il tendine non presenta alterazioni e il dolore si presenta con lo svolgimento di attività molto intense. La condizione dolorosa può sparire completamente con il riposo e si può avere discreta risposta alla terapia antinfiammatoria;
- Stadio II: è presente una parziale degenerazione tendinea, il dolore non scompare sempre con il riposo e il trattamento antinfiammatorio non è sempre efficace. A differenza dallo stadio I, questa fase è meno reversibile e può evolversi verso la cronicizzazione;
- Stadio III: la degenerazione tendinea è più estesa e marcata, il dolore è molto intenso, tanto da poter impedire lo svolgimento delle attività quotidiane;
- Stadio IV: è uno stadio irreversibile; sono presenti aree fibrotiche e calcificazioni, il dolore è persistente e invalidante e si può non ottenere risposta dal trattamento conservativo e dover considerare l’approccio chirurgico.
In un primo luogo, il trattamento sarà diretto alla risoluzione del dolore, che è generalmente il primo segnale per il quale il paziente si rivolge allo specialista.
Le indicazioni iniziali potranno essere l’interruzione dell’attività lavorativa o sportiva che determinano il sovraccarico funzionale, l’uso di farmaci antinfiammatori, l’utilizzo di un tutore e l’impiego di terapie fisiche antalgiche e antinfiammatorie come ad esempio tecarterapia, ionoforesi, onde d’urto.
Conoscendo il decorso dell’epicondilite, sarà importante inoltre integrare le indicazioni appena descritte, con un programma riabilitativo graduale. Questo potrà comprendere:
- Tecniche di terapia manuale:ad esempio trazione e decompressione tra omero e ulna o mobilizzazioni per recuperare eventuali limitazioni dell’articolazione del gomito;
- Tecniche di mobilizzazione fasciale: come il massaggio trasverso profondo (MTP) per ripristinare la tensioni fasciali;
- Esercizio fisico: risultano essere più efficaci gli esercizi eccentrici, esercizi di stretching statico, esercizi di rinforzo, con l’obiettivo di restituire elasticità, forza e resistenza ai gruppi muscolari coinvolti.
L’intensità di ognuno di questi interventi sarà stabilità in base alla condizione patologica del paziente, a cui sarà importante successivamente assegnare anche un programma di esercizi da svolgere al proprio domicilio per poter aver maggior beneficio nella terapia e assegnare istruzioni per prevenire recidive.
Epicondilite: Guarisce da sola?
Raramente, l’epicondilite guarisce in modo spontaneo; per il recupero da questa fastidiosa condizione, infatti, è fondamentale, nella quasi totalità dei casi, un intervento terapeutico, che si tratti del semplice riposo o di cure fisioterapiche più complesse.
Cura dell’Epicondilite: Tempi di Guarigione
Il trattamento conservativo dell’epicondilite, come osservano diversi studi, può richiedere un tempo variabile dai 6-12 mesi, in seguito ai quali se la sintomatologia dolorosa persiste, può essere utile una valutazione chirurgica.
L’intervento di un professionista della riabilitazione potrà aiutare a ridurre i tempi di recupero e a prevenire la ricaduta della patologia.
Cura per l’Epicondilite: a chi rivolgersi in Svizzera?
Per chi è alla ricerca di esperti nel trattamento dell’epicondilite, si segnala la presenza, in Ticino, del Centro Medico Riabilitativo e Fisioterapico Reha Medica di Lugano e Bellinzona, una struttura che si avvale soltanto di personale qualificato.